X - Il ritorno all'opposizione

Nelle elezioni anticipate del giugno 1979[1] il Pci perse il 4% dalle precedenti elezioni[2], mentre il peso politico della Dc rimase invariato. Il Psi, che aveva vissuto gli ultimi anni totalmente schiacciato tra la Dc e il Pci, con il cambiamento della leadership interna finita nelle mani di Bettino Craxi e con il mutamento della situazione politica, pur rimanendo stabile da un punto di vista elettorale, cominciò sempre di più a riprendere spazio, puntando ad essere l’ago della bilancia tra i due principali partiti[3].

Il comportamento “corsaro” del Psi si manifestò anche dopo le elezioni regionali dell’8 giugno 1980, quando il Partito di Craxi mise in difficoltà il Pci, sceso in quelle elezioni al 31,5%[4], non riconfermando con esso l’alleanza in tutte le giunte costituite nel biennio 1975-76. La Dc, risalita al 36,8%, pur di riconquistare il maggior numero possibile delle amministrazioni perse negli anni precedenti, in queste era solita offrire la guida al Psi, ovviamente con l’obbligo per il Partito di Craxi di cambiare la maggioranza uscente. Dopo avere a lungo oscillato, governando a livello locale sia con la Dc che con il Pci, il Partito di Craxi formulò stabilmente, a livello nazionale, un’alleanza di governo con la Dc, facendo pesare sempre di più, nelle richieste di posti di potere, il suo ruolo di partito di confine[5]. Anche i piccoli partiti, Pli, Pri e Psdi rientrarono nell’alleanza che fu detta, per il numero dei partiti che la componevano, “pentapartito”. Il pentapartito, a differenza del centro-sinistra, non si poneva l’obbiettivo di assumere un profilo riformatore, ma si caratterizzò semplicemente per la tendenza innata alla conservazione del potere e alla spartizione dello stesso, celando quest’intenzione dietro una parola molto in voga in quel periodo: governabilità[6]. Il Pci si ritrovò di nuovo all’opposizione e soprattutto completamente isolato.

La situazione si complicò ulteriormente con la rottura definitiva del Pci con l’Urss che avvenne all’inizio degli anni ’80[7]. Dopo avere duramente condannato l’invasione dell’Afghanistan, ribadendo la volontà del Partito di non chiedere più l’uscita dalla Nato, fu il colpo di Stato in Polonia a dire la parola fine nel rapporto tra il Pci e quello che poteva, a quel punto, essere considerato ex Stato guida. Enrico Berlinguer, con un’intervista televisiva, dichiarò conclusa la “spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre”[8]. La dichiarazione, che destò grosso clamore, provocò un’importante frattura all’interno del Partito, con l’ala filosovietica, diretta da Armando Cossutta, che insorse e cominciò una battaglia interna che, raccogliendo consensi nella base nostalgica, continuò per motivazioni diverse, fino alla fine del Pci[9].

Berlinguer, per uscire dall’isolamento in cui era caduto il Pci, provò a recuperare in Italia quel ruolo di protagonista dell’opposizione sociale che si era ovviamente un po’ appannato negli anni della solidarietà nazionale. Il Partito provò a ricostruire delle alleanze nella base del Paese, cercando convergenze con le nuove forze sociali che chiedevano il rinnovamento della società italiana e riprendendo i rapporti con quello che era il tradizionale riferimento sociale del Pci: la classe operaia. In quest’ottica vanno lette le battaglie contro l’installazione degli Euromissili, per la pace e, soprattutto, nella vertenza degli operai della Fiat del 1980. Il Pci in quella lotta arrivò addirittura a scavalcare il ruolo della Cgil e la sconfitta finale e quella riportata anni dopo nel referendum, che era stato fortemente voluto da Berlinguer, per difendere la “scala mobile” cancellata da Craxi, segnarono in maniera indelebile il Partito.

Il Pci si cominciò ad accorgersi che la società stava mutando e che il Partito, così com’era, cominciava ad essere uno strumento inadatto per fronteggiare e governare il cambiamento. Gli iscritti cominciarono a calare[10] con la stessa costanza con la quale erano aumentati fino al 1976 e nel Partito qualcuno cominciò ad immaginare che si fosse imboccata la via del declino. Tra questi non c’era senz’altro Enrico Berlinguer che continuò con immutata passione politica a procedere verso il tentativo di rinnovamento del Partito e della politica italiana[11]. Nel XVI Congresso del Pci del marzo del 1983 Enrico Berlinguer, oltre a fare il punto sui rapporti con l’Urss e a riproporre l’alternativa democratica, pose al centro del suo intervento quella che era la sua maggiore convinzione, la “questione morale”, ritenendola di vitale importanza per il risanamento dello Stato.

Alle elezioni del 1983[12] chi pagò il prezzo più salato della crisi della politica di quegli anni fu la Dc, che perse, nonostante un tentativo di rinnovamento tentato negli ultimi mesi dal nuovo segretario Ciriaco De Mita, il 5,4% rispetto al 1979. Nella precedente Legislatura la Dc aveva anche ceduto la guida del governo, che per la prima volta era andata ad un laico, il repubblicano Giovanni Spadolini. La linea aggressiva del Psi, invece, pagò, ed il Partito di Craxi salì dell’ 1,6% rispetto al 1979 e pretese, per il suo leader, la Presidenza del Consiglio. Il Pci, grazie soprattutto al carisma di Berlinguer, riuscì a reggere perdendo solo lo 0,5% dei voti rispetto al 1979.

L’anno delle elezioni europee, il 1984, era stato per il Pci un anno di intense lotte. Queste riguardarono sia la difesa della “scala mobile”, nella quale il Pci si trovò solo insieme alla Cgil, sia quelle per la pace, nelle quali il Partito riuscì a coinvolgere anche altri settori di società che tradizionalmente non erano vicini alle posizioni del Pci[13]. Il Pci che si avvicinava alle elezioni europee era quindi un partito che stava provando a superare le sue difficoltà, ma l’11 giugno del 1984, dopo un’agonia durata tre giorni, morì Enrico Berlinguer. Il leader sardo aveva accusato un malore durante un comizio a Padova durante la campagna elettorale[14]. Ai funerali di Enrico Berlinguer fu ripetuta la straordinaria partecipazione di popolo che si era avuta trenta anni prima ai funerali di Togliatti e deve essere ricordata la commossa presenza dell’allora Presidente della Repubblica, l’ex partigiano socialista Sandro Pertini, che considerava il defunto leader alla stregua di un figlio[15]. Le elezioni europee[16], sulla scia dell’ondata di commozione nazionale, regalarono un riconoscimento postumo alla coerenza di Enrico Berlinguer. Il suo nome fu scritto ugualmente sulla scheda elettorale da oltre 600.000 elettori e il Pci, in quella unica occasione nella sua storia, conseguì in Italia la maggioranza relativa.


[1] Risultati dei maggiori partiti alle elezioni per la Camera dei Deputati del 3 giugno 1979:
Pci 30,4% - Dc 38,3% - Psi 9,8%.
Il Pci ottenne 201 seggi alla Camera e 109 al Senato.
[2] Il calo fu confermato anche nelle prime elezioni per il Parlamento Europeo che si tennero il 10 giugno 1979. Il Pci conseguì in quella tornata elettorale il 29,7% dei voti contro il 36,4% della Dc.
Il Pci ottenne 24 seggi al Parlamento europeo.
[3] Cfr. Colarizi op. cit.
[4] A questo risultato va però aggiunto l’1,2% del Pdup, confluito pochi mesi dopo nel Pci.
[5] Cfr. Colarizi op. cit.
[6] Cfr. Agosti op. cit.
[7] Cfr. Pansa “Ottobre addio – Viaggio tra i comunisti italiani”, Mondadori.
[8] Cfr. Veltroni op. cit.
[9] Cfr Cossutta “Una storia comunista”, Rizzoli.
[10] Dati del tesseramento del Pci dal 1977 al 1990:
1977: 1.814.154 iscritti; 1978: 1.790.450 iscritti; ; 1979: 1.761.297 iscritti; 1980: 1.751.323 iscritti; 1981: 1.714.052 iscritti; 1982: 1.673.751 iscritti; 1983: 1.635.264 iscritti; 1984: 1.619.940 iscritti; 1985: 1.595.281 iscritti; 1986: 1.551.576 iscritti; 1987: 1.508.140 iscritti; 1988: 1.462.281 iscritti; 1989: 1.421.230 iscritti; 1990 1.264.790 iscritti.
Fonte citata.
[11] Cfr. Berlinguer op. cit.
[12] Risultati dei maggiori partiti alle elezioni per la Camera dei Deputati del 26 giugno 1983:
Pci 29,9% - Dc 32,9% - Psi 11,4%.
Il Pci ottenne 198 seggi alla Camera e 107 al Senato.
[13] Cfr. Colarizi op. cit.
[14] Cfr. Veltroni op. cit.
[15] Cfr. Veltroni op. cit.
[16] Risultati dei maggiori partiti alle elezioni Europee del 17 giugno 1984:
Pci 33,3% - Dc 33,0%.
Il Pci ottenne 27 seggi al Parlamento europeo.